Whatsapp, Facebook e la privacy: quali sono davvero i rischi?
A partire dall’8 febbraio, in alcune parti del mondo, per continuare ad utilizzare Whatsapp, vi è l’obbligo di accettare le nuove regole d’uso, che prevedono la condivisione di metadati con Facebook.
La scelta presa dall’azienda di Mark Zuckerberg (proprietaria di entrambe le applicazioni) va ad effettuare un cambiamento nelle policy di riservatezza, permettendo la trasmissione di dati tra un’app e l’altra, limitando a sua volta la privacy.
A molti utenti non è piaciuta questa notizia; ciò si può evincere dal massiccio aumento dei download di due applicazioni di messaggistica alternative a Whatsapp, ovvero Telegram e Signal. Questi ultimi, infatti, nelle scorse settimane hanno registrato quasi il doppio dei download, rispetto a quelli dei giorni precedenti.
Ma queste alternative sono davvero più sicure di Whatsapp in termini di privacy?
Per certi versi, sì. Signal non solo protegge i messaggi testuali con la crittografia, ma rende impossibile l’intercettazione delle chiamate, oltre a limitare di molto la conservazione dei metadati.
Telegram ha scelto di frammentare la custodia delle proprie chiavi crittografiche su diverse giurisdizioni, così da scoraggiare eventuali richieste di governi e agenzie di intelligence. Inoltre, quest’ultima applicazione, ideata e creata dall’imprenditore russo Pavel Durov, non associa i numeri di telefono degli utenti, che servono solo per la registrazione.
Dal canto suo, Whatsapp ha introdotto già da tempo la crittografia end-to-end; ciò significa che i messaggi di testo e gli altri contenuti delle chat sono visibili solo ai loro partecipanti, mentre risultano cifrati in fase di transito e sui server della società. D’altra parte Whatsapp non esegue la crittografia dei metadati, i quali possono essere una vera e propria miniera di informazioni per le aziende, registrando la localizzazione geografica, i tempi degli accessi all’app, la durata delle attività digitali degli utenti, nonché i loro numeri di telefono e indirizzi email associati all’account.
Se è vero che questi metadati servono alle società erogatrici di un servizio innanzitutto per garantirne il buon funzionamento, per monitorare le performance e per risolvere i problemi tecnici, d’altra parte Whatsapp conserva una quantità e varietà di metadati superiore a quella di altre applicazioni di messaggistica, in quanto collega agli utenti e conserva anche le informazioni sugli acquisti effettuati tramite app, sulle carte di pagamento associate, sulla geolocalizzazione e sui tempi di utilizzo dell’applicazione.
L’azienda di Zuckerberg ha voluto specificare che il cambiamento di policy non comprometterà in alcun modo la privacy dei messaggi scambiati con amici e familiari. Non saranno condivisi con Facebook né i contenuti delle chat né i dati di geolocalizzazione, né liste di contatti, né log che illustrano chi ha chiamato chi e per quanto tempo. Le conversazioni dei gruppi resteranno private e sarà sempre possibile per gli utenti impostare la cancellazione automatica dei messaggi dopo il loro invio. Inoltre, né Whatsapp e neppure Facebook spieranno le telefonate degli utenti.