Windows 7 è andato in pensione
A partire dal 14 gennaio scorso, Microsoft ha terminato il supporto a Windows 7. Questo significa che l’azienda non produrrà più aggiornamenti ricevibili dal sistema operativo, uscito nella sua prima versione il 22 ottobre 2009.
Ad oggi tuttavia, a quanto risulta da StatCounter (maggiori informazioni a questo link), sito di analisi del traffico web attivo da oltre vent’anni, il 24,9% dei PC attivi ancora utilizzano questo sistema, contro il 67,35% che ha in uso Windows 10, la versione più moderna.
Per le aziende il problema è duplice e, purtroppo, non trascurabile.
Primo aspetto, la sicurezza dei dati. Senza aggiornamenti da parte della casa madre, il sistema operativo nel tempo diverrà via via più vulnerabile alle nuove minacce informatiche, divenendo, entro breve, la porta d’ingresso principale per attacchi cyber criminali. Questo si traduce in danni economici, spesso non facilmente stimabili, dovuti alla perdita dei dati e di tempo, alla mancata produzione a causa di eventuali fermi macchina, ai costi dei consulenti per il ripristino dell’integrità della rete aziendale, fino ai danni di immagine: nel mercato digitale di oggi, infatti, l’azienda che perde i propri dati perde fiducia e, conseguentemente, clientela.
Oltre che alla possibilità di subire attacchi informatici, c’è anche un problema normativo (e che, quindi, espone potenzialmente al rischio sanzioni). Il GDPR, il nuovo Regolamento Europeo in materia di protezione dei dati personali, impone infatti a chi tratta dati personali “tenendo conto dello stato dell'arte e dei costi di attuazione, […] di mettere in atto misure tecniche e organizzative adeguate per garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio” (art. 32). Questo si traduce, fra l’altro, nell’obbligo di garantire la sicurezza informatica dei propri sistemi, che passa anche per gli aggiornamenti dei software.
Secondo aspetto poi, è il problema tecnologico. Col passare del tempo, sempre meno macchine avranno questo sistema operativo e, pertanto, non sarà più remunerativo per gli sviluppatori rendervi compatibili i software. Ad esempio, Google ha fatto sapere che, per quanto riguarda il suo browser Chrome, continuerà a supportare Windows 7 per un minimo di altri diciotto mesi e almeno fino al 15 luglio 2021. Dopodiché, il browser non verrà più aggiornato, perdendo così la possibilità di visualizzare i siti più moderni. Stessa cosa per tutti gli altri programmi: in merito al pacchetto Office, Microsoft ha stabilito che, per Office 365, fornirà ancora tre anni di aggiornamenti sulla sicurezza, fino al 2023, se viene usato su computer Windows 7, ma non distribuirà aggiornamenti sulle funzionalità.
Quali sono le possibili soluzioni?
Chiaramente, non è necessario prevedere all’immediato aggiornamento di tutto il parco macchine. È invece necessario pianificarlo nel medio termine, tenendo conto, ad esempio, dei periodi nei quali vi è un minor carico di lavoro e del budget che si vuole assegnare all’IT aziendale.
Coloro i quali possiedano macchine basate su Windows 7 hanno, di fatto, due alternative: comprare un nuovo computer con Windows 10 e migrare i dati dal vecchio, oppure acquistare una licenza di Windows 10 e installare il nuovo sistema operativo sul vecchio computer (non è infatti più possibile aggiornare gratuitamente Windows 7 a Windows 10, possibilità data da Microsoft fino al 29 luglio 2016), sebbene Microsoft stessa sconsigli l’aggiornamento, per il fatto che alcuni PC con Windows 7 potrebbero essere troppo vecchi per essere compatibili con Windows 10.
Come spesso accade però, un problema può divenire un’opportunità: in questo caso, le aziende possono cogliere questa occasione per innovarsi, introducendo sistemi più moderni, connessi al web e che consentano di operare anche da remoto. Il costo sostenuto per i nuovi investimenti potrebbe, nel tempo, ripagarsi con i minori oneri in applicazione di contratti di smart working oppure nell’offerta di nuovi servizi per i clienti (es. tracciabilità).