L’agrifood-tech decolla, ma non in Italia
Il Paese dovrebbe investire almeno 50 volte di più nel settore agrifood-tech, ma nessuno sembra accorgersene. Ci penserà, quindi, il Piano Nazionale di Resilienza e Resistenza a rimediare? Non proprio, a meno di modifiche. Ecco allora cosa serve per rendere l’Italia un competitor di primo rango.
Pur essendo il leader indiscusso della gastronomia mondiale, quando si parla di start up agrifood, il nostro Paese rimane drammaticamente il fanalino di coda, e non è cosa da poco: i capitali investiti a livello globale nell’agrifood sono in pieno boom, soprattutto in quest’ultimo anno di pandemia; trascurare questo settore significa lasciarsi sfuggire un’opportunità unica di crescita.
L’anno della pandemia è stato un anno record: nel 2020 le start up agrifood hanno visto investimenti per un totale di circa 30 miliardi di dollari a livello globale, con una crescita di oltre 30% sull’anno precedente. Numeri ancora più impressionanti se si confrontano con la crescita media degli investimenti globali, fermi al 4%.
Altro aspetto da considerare è che gli investimenti nell’agrifood rappresentano il 10% del totale globale, rendendolo uno dei settori più rilevanti, comparabile con settori più consolidati come il biotech, il fintech, ecc. A fronte di questa enorme rilevanza però, nel 2019 l’Italia ha visto appena 21 milioni di dollari di investimenti; in pratica, le start up italiane hanno raccolto appena lo 0.1% del capitale investito a livello globale. Rapportato alla situazione europea, nel 2019, l’Italia si collocava al numero 14 per capitale raccolto dalle start up agrifood. Per un confronto, la sola Spagna ha investito capitali per 20 volte maggiori.
Molti si domandano se questo ritardo sia colpa della scarsa qualità delle start up agrifood italiane. Nonostante i limiti drammatici di accesso al capitale, l’Italia è già capace di produrre leader mondiali, ne sono esempio le poche imprese che hanno comunque assunto un ruolo importante nel settore.
Ma allora cosa serve per compiere un salto di qualità? Occorrono azioni sistematiche capaci di consentire un jump start dell’ecosistema nazionale, tali da proiettare immediatamente il Paese in testa ai Paesi leader. È necessario attrarre maggiori risorse di capitali alle start up agrifood italiane. Ma occorrono anche iniziative di ecosistema che puntino ad una immediata leadership, come la creazione di centri di eccellenza con la massa critica per competere a livello globale, o come l’introduzione su vasta scala di voucher e incentivi per l’adozione nel mercato professionale di soluzioni esistenti, dove le start up italiane sono già in grado di esprimere significative posizioni di eccellenza.
Tali azioni consentirebbero non solo di rendere l’Italia un competitor di primo rango nello sviluppo di nuove tecnologie e modelli, ma anche di apportare benefici a due cifre percentuali in termini di produttività all’intero comparto agroalimentare, oltre che consentire al Paese di affrontare con maggiore robustezza le sfide economiche ed ecologiche che si faranno pressanti nei prossimi anni.