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La censura nei social network

Ad oggi, i social network sono il più importate mezzo di comunicazione di massa. Ogni notizia viene diffusa e commentata su queste piattaforme. Di conseguenza, la necessità di moderare i toni e bloccare contenuti offensivi o violenti si scontra, spesso, con la libertà di parola degli utenti, che vedono i social come un luogo dove poter esprimere le proprie opinioni qualunque esse siano.

Ogni media ha, pertanto, delle regole su quanto è lecito pubblicare e queste politiche sui contenuti possono variare anche da Paese a Paese. Ad esempio, nel caso di Cina e Turchia, viene esercitato un controllo ferreo sui social, imponendo la censura e limitando di fatto la libertà d’espressione e la possibilità di accedere a informazioni neutrali e indipendenti dall’ideologia governativa.

Le principali modalità di censura

  • Facebook. Il protocollo anti fake news di questo social è particolarmente stringente e severo. Da anni, infatti, l’applicazione di Zuckerberg lotta contro la diffusione di contenuti inappropriati e scorretti, per questo le linee guida sulla censura vengono aumentate ed aggiornate costantemente. Ci sono cinque tipologie di contenuti censurabili: violenza, contenuti deplorevoli, sicurezza, integrità e autenticità, rispetto della proprietà intellettuale. Qualora un post rientri in una di queste categorie verrà rimosso in poco tempo.
  • Instagram. Anche su questo social esiste un set di regole chiaro e definito che impongono dei paletti rigidi agli utenti. Taluni contenuti vengono classificati come vietati o censurabili: nel primo caso si tratta di post contrari al decoro che vengono automaticamente rimossi da Instagram. Nel secondo caso, si fa riferimento a tutti quei post al limite della tolleranza; in questa ipotesi il contenuto non verrà eliminato ma solo declassato, ottenendo così poca visibilità e comparendo solo in fondo ai feed.
  • Twitter. Stando alle norme sui contenuti sensibili, è severamente vietato pubblicare contenuti che incitino all’odio e alla violenza, a sfondo sessuale o contro le regole di sicurezza e civiltà. In ciascuno di questi casi, la censura contrassegna il tweet come “sensibile”, bloccando temporaneamente l’account dell’utente che ha pubblicato fino alla rimozione del post. In altri casi, Twitter interviene rimuovendo direttamente i contenuti scorretti e, nelle situazioni più estreme, sospendendo in modo permanete l’accesso al social.

Da un punto di vista legale non si può imporre di non censurare contenuti, di conseguenza le piattaforme mediatiche, in quanto imprese private, hanno i diritti legali che possono esercitare.

censura social

Tali diritti sono stati esercitati, ad esempio, nel caso Trump, ex-presidente americano, al quale, sia Facebook che Twitter, hanno proibito di pubblicare, in seguito a segnalazioni per “esaltazione alla violenza” e “incitazione all’odio”.

Una cosa è certa, quella di oggi non è l’immagine dello stesso internet di qualche anno fa, concepito per la libera circolazione delle informazioni, della conoscenza e di idee. Quello che un tempo era uno spazio aperto al dialogo, anche tra pensieri divergenti, è diventato ora una replica delle società in cui viviamo.

Chiudiamo questa riflessione con la seguente domanda: fino a che punto è il caso di imporre la censura sui contenuti pubblicati sui social, senza sfociare in una violazione della libertà di espressione?

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